Tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso si fa strada una nuova concezione della scuola in stretta relazione con la spinta economica neo liberale che risponde alla nuova realtà della globalizzazione. Alla scuola vista come luogo di trasmissione ed elaborazione di una tradizione culturale si comincia ad anteporre un’idea di scuola non solo più individualista, ma soprattutto più economica…
Una fondamentale conseguenza di questa impostazione riguarda il passaggio dalla centralità assegnata a chi apprende al sistema che produce apprendimento e alle procedure che quantificano la cosiddetta “capacità produttiva” della scuola…
La logica economica si è congiunta, a sua volta, con quello che è stato definito l’“agnosticismo antropologico” e cioè un’idea di uomo flessibile, pragmatico, non interessato alle questioni ultime, condizionato e legato al “qui e ora”. Questa concezione utilitaristica del sapere (apprendo solo ciò che “mi serve”, mi comporto in funzione di un traguardo che intendo raggiungere) si nutre del modello (del mito?) della “scuola neutrale” il cui compito sarebbe quello di trasmettere abilità e competenze, riconducendo gli aspetti valoriali alla dimensione del privato…
Giorgio Chiosso
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