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Legge 194: l’aborto e i consultori


Oltre i pregiudizi ideologici
«Non capisco da dove nascano tutte queste polemiche. Al di là delle posizioni differenti sul tema, mi pare ci sia una scarsa conoscenza della legge 194». Claudio Larocca, presidente di FederviPa, si dice incredulo e amareggiato davanti al polverone sollevato nei giorni scorsi per il bando della Regione Piemonte che prevede, all’interno degli ospedali, l’attivazione di sportelli per l’ aiuto alla maternità gestiti da volontari delle associazioni a tutela della vita.
Una notizia, anticipata già all’inizio di dicembre da Avvenire, che improvvisamente ha alimentato ora dure polemiche da parte di molti esponenti della politica torinese e nazionale, a partire dalla sindaca Chiara Appendino. «Proviamo semplicemente a fare quello che prevede la legge. Le polemiche nascono da un’idea errata della 194 che si è fatta strada negli anni».
Larocca ricorda che è proprio la legge a prevedere che i consultori assistano la donna in gravidanza «contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre all’interruzione della gravidanza », attuando una prevenzione mirata «a rimuovere le cause che la porterebbero» ad abortire e avvalendosi «della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato» per sostenere concretamente la maternità. Mettere finalmente in campo quest’ opera di prevenzione potrebbe ridurre il numero di aborti dei quali la legge intende rimuovere le cause, operando sia a favore della donna che spesso si sente “costretta” ad abortire per mancanza di aiuti sia a favore del figlio. «Noi non obblighiamo nessuno, semplicemente cerchiamo di dare aiuto a chi ce lo chiede».
Si cerca comunque il dialogo: «Ho scritto a tutti, anche alla sindaca, per chiedere di sederci intorno a un tavolo al fine di trovare misure reali di sostegno per le donne in difficoltà che altrimenti si sentono costrette ad abortire. Ma finora non mi ha risposto nessuno. Pesa un pregiudizio ideologico, mentre noi vorremmo soltanto offrire un’ alternativa ».
Fonte: Avvenire, 18 marzo
Le due facce dell’aborto
L’aborto, diceva Enrico Berlinguer, è una sconfitta per la società. La legge 194 chiede che lo Stato compia sforzi concreti per evitare le interruzioni di gravidanza (art. 2 e 5). Per questo, per il senso di sconfitta che la legge esprime di fronte a ogni gravidanza interrotta, è difficile comprendere le polemiche accese nei giorni scorsi da alcune frange della sinistra e del Movimento Cinque Stelle contro il progetto della Regione Piemonte, di coinvolgere i Centri di Aiuto alla Vita nei consultori ospedalieri perché sia potenziata l’attività di prevenzione degli aborti.
Secondo il segretario del Pd Paolo Furia l’iniziativa della Regione è «violenta e ipocrita». Secondo la sindaca Chiara Appendono, solitamente pacata, la Regione è in preda a «delirio oscurantista e ideologico». Possibile questa durezza di giudizio?
La 194 prevede che i consultori pubblici, per l’attività di prevenzione, possano avvalersi «della collaborazione di idonee formazioni sociali di base e di associazioni di volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita» (art. 2). Associazioni come i Centri di Aiuto alla Vita, che dedicano il loro quotidiano impegno al sostegno delle donne alle prese con una gravidanza difficile.
A cosa servono le leggi, se vengono rispettate solo a metà? La 194 viene solitamente rivendicata nella parte che disciplina le interruzioni di gravidanza, mentre viene ignorata nella parte, non meno evidente, che chiede alle strutture pubbliche di compiere sforzi concreti per evitare di arrivare all’aborto. L’attività di prevenzione viene spesso messa sotto silenzio.
Eppure il titolo della legge è chiaro e andrebbe preso tutto insieme: «Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza».
Molte donne arrivano all’aborto per difficoltà economiche, sociali o familiari. La 194 chiede, esplicitamente, di aiutarle a «rimuovere» i problemi, perché considerino la possibilità di portare avanti la gravidanza (art. 5).
È doloroso constatare come questa costruttiva intenzione della legge – orientata alla doppia tutela delle donne e dei loro bambini – sia scomparsa dal dibattito pubblico fino al punto di considerare «oscurantista» chi propone di attuarla. Fino al punto di aver collettivamente dimenticato il senso vero della 194: non la diffusione dell’aborto, ma il suo contenimento e la sua regolamentazione in sicurezza nei casi Le due facce della legge sull’aborto in cui venga giudicato inevitabile da una donna.
L’art. 5 sulla prevenzione è una norma da attuare in pienezza. La trascriviamo qui come punto di riferimento oggettivo, per un dibattito che si vorrebbe molto migliore di quello al quale stiamo assistendo. Di fronte ai problemi economici, sociali o famigliari della donna «il consultorio e la struttura socio-sanitaria» così recita la norma «hanno il compito in ogni caso (…) di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta (…), le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero all’interruzione di gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto».
Alberto Riccadonna, direttore del settimanale La voce e il tempo, n.12 2021