L’eutanasia non va confusa con il rifiuto dell’accanimento terapeutico, distinzione che spesso non è compresa, quasi si volesse porre sempre in atto ogni possibile intervento medico, senza una valutazione delle ragionevoli speranze di guarigione e della giusta proporzionalità delle cure.
Tuttavia, mentre nel caso del rifiuto all’accanimento, la morte è intesa come un male che ormai non può essere evitato, nel caso dell’eutanasia essa è direttamente cercata: sia che si tratti di eutanasia attiva – mediante la somministrazione al malato di sostanze letali – sia che si tratti della sua forma passiva, con l’omissione di cure o del sostegno necessari alla sopravvivenza.
L’intenzione che muove chi compie l’atto eutanasico non è la rassegnazione davanti alla morte, ma la positiva scelta di porre fine all’esistenza del malato.
Gualtiero bassetti, Presidente CEI
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